l'orologio vintage del Circolo Arci di Cannaregio |
Abbiamo finito alle nove in punto stasera (più o meno) e non è l'ora di Mosca ma quella che batte ogni giorno al circolo Arci di Cannaregio, a Venezia. In una città di pietra sta nascendo, come un po' dappertutto, un interesse particolare per tutto quello che riguarda la terra e la sua cura. Che sia un segno che ci fa ben sperare? Mi chiedevo cosa avrei scritto dopo questo incontro, un resoconto? Lo pensavo, effettivamente, ma preferisco lasciarmi andare, vista la foto scattata, a qualche sogno di comunismo irreale da terzo millennio. L'ammontare dei derivati nel mercato parallelo supera di ben dieci volte il mercato reale (quello che si basa sulle vere merci in circolazione), la totalità delle persone presenti (persone di una certa cultura, di sinistra, eccetera) ha un conto in banca, la banca in questione (non importa quale, sono tutte uguali) ha investito i risparmi dei nostri partecipanti in derivati.
Dunque, a parte il fatto che ognuno di noi dovrebbe sapere esattamente dove va a finire il proprio denaro (ma sappiamo esattamente cos'è il denaro?) perché non deviare, almeno una parte, non dico tutto del denaro dei presenti all'incontro di stasera (e magari di qualche altro facoltoso conoscente) da una banca che allegramente investe in interest rate swap a dei derivati nostrani, autoprodotti, che creano un volano per l'economia sana che parte dal basso e nel basso rimane? Che non punta in alto perché lavora sulla collaborazione e non sulla competizione e quindi rimane lì giù, a stringere legami con il locale, dall'agricoltura all'artigianato, senza raggiungere una dimensione industriale che snaturerebbe tutta quella dimensione umana che diverrebbe disumana? Siamo troppo comunisti? Avanti coi progetti, giovani. Aprite le borse e investite sui progetti, intellettuali di sinistra col portafoglio in qualche banca di destra...
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