domenica 22 dicembre 2013

B come badare: al proprio orticello?

Badare è un verbo particolare; il participio presente usato come sostantivo è attualissimo (badante), usato invece come intransitivo alla prima persona singolare (bado) sembra quasi una parola straniera, direi quasi africana. In inglese potrebbe tradursi con "care" che in italiano si traduce più spesso con "prendersi cura" invece che badare, che ha un senso "inferiore" rispetto al curare (vi immaginate se il termine badante fosse tradotto con curatrice o curante?).

Badare al proprio orticello (vedi questo articolo di AM Terra Nuova a proposito) potrebbe essere visto come una metafora del prendersi cura della terra e della Terra con la T maiuscola, considerando il nostro pianeta come un sistema chiuso (in antico sassone "gart" da cui la parola garden-giardino) ci porrebbe nella condizione di esercitarci a curare l'orto per allargare continuamente il nostro sguardo (badare sembra provenga dal celtico "bah" aprire-guardare) ad un raggio più ampio, il nostro vicinato, la nostra regione (o bioregione), la Terra. E' un continuo lavorare sul locale e sul globale, un'apertura e chiusura di diaframma per far entrare più o meno luce che ci chiarisca lo sguardo. Badare al resto è utile a capire se l'acqua della pioggia che bagna la nostra terra è pulita, se l'aria trasformata dalle nostre piante è pura, se la luce del giorno è limpida, se la notte è veramente buia.

Badare al resto, a quello che sta oltre il giardino non è cosa semplice nel nostro territorio. Ci applicheremo diligentemente nella ricerca dei dati (per ora frammentari e discordanti) e per la loro rielaborazione inviteremo persone che hanno cose nuove da raccontare, esperienze che ci possono illuminare su possibili vie alternative alle attuali, piccole azioni quotidiane che cambiano lentamente ma inesorabilmente le cose (l'opposto delle grandi opere). Cercheremo di incontrare gente che viene da lontano a raccontarci di altre lagune, di altri territori simili al nostro, di come in quei posti si vive, si resiste, all'acqua, all'inquinamento, alla folle velocità del progresso.

Tutto ciò con lentezza, non si può certo contrastare la velocità con la velocità stessa. (per inciso: i sinonimi di velocità sono quasi tutti positivi, quelli di lentezza sono negativi, a tal proposito consiglio la lettura di "Il punto di svolta" di Fritjof Capra, pag. 33 Ed. Feltrinelli dove si parla di Yin e Yang)

come dice l'amico Enzo: "accelero rallentando",

buone feste a tutti (Michele)

giovedì 12 dicembre 2013

MARMELLATA ARANCE AMARE (di Françoise)

foto scattata da Michele l'11 dicembre
 Le arance sono sull'albero lucenti e profumate come palline di Natale. Ne ho prese alcune per fare una prova di marmellata di arance amare, mi è venuta molto bene.

Per chi avesse voglia, ecco una ricetta di questa marmellata rielaborata a partire dei consigli di Nostradamus (sic) che aveva pubblicato un libro sulle confetture nel 1552.

RICETTA
Pelare la buccia sottile lasciando sull'arancia la pellicola bianca, la quale va buttata via. Tagliare la polpa a grossi spicchi e estrarre i semi.
Mettere le bucce e la polpa in un recipiente e versare sopra acqua tiepida con qualche presa di sale e lasciare in ammollo per 24 ore.
Risciaquare per eliminare il sale.
Far cuocere le arance in poca acqua bollente fin quando le bucce diventano morbide e si possono pungere facilmente con uno stuzzicadente.

Tagliare le bucce a listarelle. In una pentola, versare un quarto di acqua per 3 quarti di zucchero di canna e far sobbollire fin quando appariranno numerose bollicine. 
Versare polpa e bucce e far cuocere una ventina di minuti. Versare la marmellata ancora bollente in vasetti sterilizzati che vanno chiusi e rovesciati così vanno sotto vuoto.