domenica 7 aprile 2013

cronache primaverili dall'orto

C'era quasi il sole oggi, anzi c'era quasi sempre, accompagnato da una bora intensa, che portava aria pulita dai Balcani e allontanava i fumi delle prime bare da crociera che svettano sopra i tetti della chiesa delle Zitelle mentre entrano ed escono dal canale della Giudecca.

C'era diversa gente in orto, amici che avevano voglia di venire da tempo, amici di amici, persone che avevano voglia di provare a mettere le mani nella terra, conoscere come funziona questa agricoltura naturale fatta di non azioni, pacciamature, consociazioni e diavolerie naturali varie.
E' stato piacevole vedere adulti e bambini seminare le colture che verranno messe a dimora fra qualche mese, rivoltare il compost sperando che il sole, con il suo calore, faccia partire la fermentazione, dissodare terra che accoglierà le prossime semine. Resta sempre l'eterno dubbio per questo nostro orto collettivo: come intercettare questi nuovi arrivi, come farli rimanere fedeli a questa terra difficile e coinvolgerli in questa specie di rito che è l'abitudine alla ciclicità, alla pazienza, all'osservazione costante di una natura apparentemente immobile (a parte il vento).
La formula, le formule, devono essere necessariamente più d'una: la costanza si può raggiungere subito, perchè l'esigenza di stare a contatto con la natura, di coltivare e soprattutto di ottenere un raccolto vengono viste come bisogni primari oppure ci si può avvicinare gradualmente, frequentando le Zitelle un po' per volta, anche ogni tanto, ma con un'idea sempre più chiara del posto in cui ci si trova e della gente con cui si entra in contatto. Se coltiviamo non è per passare il tempo, è per dimostrare a noi stessi che siamo capaci di trarre dei frutti dalla terra, senza sfruttarla, arricchendola. Che sia possibile cambiare passo, simbolicamente e praticamente, guardando oltre un sistema che ci rende dipendenti anche dalla cosa più naturale e semplice possibile, la produzione del cibo. Ormai per alcuni di noi è chiaro che sempre più persone desiderano avvicinarsi alla terra, non solo per contemplarla ma per entrarci in stretta relazione; c'è quasi sempre in loro però una specie di timore reverenziale, la paura di sbagliare, di non essere all'altezza, di non avere il pollice verde. Alcuni vengono senza la minima esperienza, sono di città ma vorrebbero in futuro trasferirsi in campagna, non sanno però da dove iniziare. Vogliono informazioni, subito, vogliono sapere come si semina, quando, la luna, i concimi, un sacco di informazioni pratiche (non era il caso di oggi, tutta gente molto rilassata).
A quel punto mi viene voglia di mettermi un dito nel naso e stare a pancia all'aria come faceva Peter di Heidi nei pascoli più alti e farli rendere conto che il percorso è lungo; che la terra non ci si mette meno di una vita a capirla, che bisogna partire dall'osservazione, dall'ascolto profondo di noi stessi. Che le informazioni raccolte vengono messe insieme dal nostro cervello anno dopo anno, le esperienze messe automaticamente a confronto fra loro, le stagioni memorizzate e rimetabolizzate senza avere il bisogno di scriverle da qualche parte.
Cosa dire quindi, se uno ha l'esigenza avrà anche la costanza, il problema è che abbiamo ancora tutti la panza piena e purtroppo si stanno avvicinando tempi cupi, anche a breve, che metteranno le persone di fronte alla realtà che non è quella virtuale che ci propinano; sapersi autoprodurre il cibo diventerà una necessità di vita o di morte. Perchè non iniziare in anticipo ed essere preparati agli eventi futuri? Forse rendendosene conto prima si può anche cambiare il futuro, rendendolo meno apocalittico.
Buona primavera a tutti (Michele)

2 commenti:

  1. eh si...decolonizzare l'immaginario...compreso quello del "buon contadino". La moda, più che la necessità, ancora spingono le persone ad avvicinarsi all'orto. Che è ancora visto come un modo per "consumare" il tempo, che è sempre poco e quindi va utilizzato al meglio, fagocitando più informazioni possibili (dimenticate poi al primo accesso ad un altro file). Orto "mordi e fuggi", e se non mordi un buon pomodoro in tempi brevi, fuggi anche prima. Ma, se anche fosse così, va bene lo stesso. Sono tutti semi che cambiano e cambieranno le abitudini e le percezioni. Ognuno troverà la sua via, con i suoi tempi. Intanto, una bella domenica in compagnia, resta comunque una bella domenica.

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  2. Michele, sento anch'io la frustrazione quando vengo consultata da persone che di giardinaggio non ne sanno niente. Quello che mi salva e' che l'entusiasmo c'e', e quello e' il primo passo. Penso sempre alla mia esperienza, ogni anno imparo qualcosa di nuovo, ma 7 anni fa pensavo di sapere tutto quello di cui avevo bisogno per coltivare verdure, come mi sbagliavo.

    Qui negli USA c'e' un movimento sempre piu' forte di avere un orto sotto casa, e sicuramente anche in Italia diventera' sempre piu' forte. Credo proprio che ci vogliano anni di pomodori o verdure che non sanno da niente, e la perdita dei produttori per fare capire alla gente che c'e' un'alternativa, e siamo tutti responsabili del cambiamento.

    Persevera, i frutti della pazienza li raccogli prima o poi.


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